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Più di tre, ovvero: la compulsione della pipa

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di un pipatore anonimo

 

Ciao a tutti, Mi chiamo… be’, non importa come mi chiamo, e non compro una pipa da una settimana… vabbè, quattro giorni.

Eh, lo so bene che non avrei dovuto comprarla, ma come si fa? Questa poi era una bella Maigret: un velo di sabbiatura, occhi di pernice ovunque, un bocchino in cumberland rosso e una vera d’argento che pareva una fede nuziale, tanto era bella e fine.

Non devi!”, mi sono detto lì per lì, “Non ne hai bisogno!”. Ma poi, che potevo fare? Non potevo mica far dispiacere Simenon.

E mia moglie poi, che mi vede con una pipa in bocca: “Ma questa? È nuova? Non te l’ho mai vista”, mi chiede lei, come fosse l’ispettore Colombo.

Ma no, cara, è vecchia, non la ricordi? Ce l’ho da una vita”, ma non so se ci casca. Abbozza un’alzata di spalle e fa finta di credermi. Ecco perché ho un quaderno dove scrivo tutti i prezzi delle pipe che compro: perché ho paura che, quando morirò, mia moglie possa venderle in base al prezzo che le ho detto di aver pagato, invece che al loro effettivo valore (è nello stipetto dei tabacchi, dietro la giara del tosco-virginia).

Ma poi come fa ad accorgersi ogni volta di una pipa nuova? Ne ho trecento!
Per la precisione, ben trecentosei. Sì 

Eh, lo so bene che non dovrei vantarmene, ma come si fa? Vedeste che belle che sono, tutte lì in fila sulla rastrelliera, come ballerine sul palco del Moulin Rouge, pronte a esibirsi per me in un can-can viziosetto! Trecentosei ballerine. “Ma non ne hai abbastanza? – mi chiede mia moglie – Di quante pipe hai bisogno?”.

Già, ma quante sono abbastanza? Quando basta?

Quando hai finito lo spazio in casa? C’è sempre un’altra mensola. Quando hai finito i soldi? Be’, puoi vendertene qualcuna… forse… comunque qualcuna che non ti parla più. Ecco, magari quella strana che ti ha regalato tua moglie all’anniversario di matrimonio, tanto non se ne accorge.
No no, quella se ne accorge!

Eh, lo so bene che sapete di cosa parlo: se non siete anche voi come me, sicuramente conoscete più d’uno così. Io so di rappresentare un estremo: io non sono la regola, non sono il pipatore medio e forse non rappresento neppure la maggioranza dei pipatori, ma di certo la mia è una minoranza parecchio numerosa. Ecco, posso definirmi un collezionista, se proprio c’è bisogno di una definizione.

Di quante pipe ho bisogno? Be’, come semplice fumatore di pipa, solo di tre. Le altre trecentotré non le ho prese perché ne avevo bisogno, le ho prese perché le volevo. È il desiderio, è la compulsione della pipa che ce ne fa prendere ancora una e, alla fine, per certi versi sì, è un bisogno anche questo, ma di tutt’altro tipo.

Mania? Forse. Ossessione? Per qualcuno certamente, ma finché si può, finché non è patologico, a chi nuoce?

Eh, non so bene come spiegare quella smania che ti prende davanti a una fiamma a capelli d’angelo ben valorizzata dall’artigiano. Quella brama che ti fa ignorare la consapevolezza che stai per fare l’ennesima cazzata, quando hai tra le mani un superbo pezzo di arte piparia. È questo il bisogno che noi collezionisti dobbiamo sublimare e non è una questione di numeri, ma di pace dell’animo, perché le pipe del semplice fumatore sono tre, ma quella del collezionista è unica: ognuna delle mie trecentosei è unica.

Ecco, forse è proprio questa la sottile differenza che passa tra un semplice fumatore di pipa e un collezionista: il fumatore di pipa ha bisogno di tre pipe, il collezionista ha bisogno di essere lasciato in pace.