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Il manifesto dei mariti “pipatori da balcone”: The pipe, il capolavoro di perduto del 1912

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di Diego Costantini

La storia d’amore tra il cinema e la pipa è longeva e comincia già dai primissimi corti del cinema muto. Essendo all’epoca il modo di fumare più diffuso al mondo, capitava spesso di vedere pipe nelle prime opere cinematografiche. Benché il debutto di una pipa in un ruolo più rilevante risalga al 1902, in un corto francese dal titolo: “Le chien et la pipe” (Il cane e la pipa), esiste un film muto del 1912 che rappresenta la prima vera opera cinematografica in cui la pipa è il motore della storia e il fulcro della trama: “The Pipe”, la pipa. 

Forse sarebbe meglio dire “esisteva”, dal momento che ogni copia di questo film è andata perduta e oggi non si conoscono che rimandi e citazioni di altre opere a questo che, tuttavia, doveva essere un film di una certa rilevanza dal punto di vista cinematografico. Quello che lo rende tanto importante per gli appassionati di pipa è che questa piccola perla rappresenta il primo manifesto dei mariti fumatori oppressi che non possono fumare in casa.

Dingley, il protagonista, un giovane e promettente gentleman, è fidanzato con una bellissima ragazza, di cui non viene mai fatto il nome, e questa non vuole sposarlo perché lui fuma. Dunque Dingley si sbarazza delle pipe e dei sigari, promettendole che, se lei lo sposerà, lui smetterà di fumare immediatamente e non fumerà mai più. Fesso lui, dirà qualcuno, che volete farci? C’est l’amour, e comunque davanti a questo gesto così plateale, la giovane si convince.
Tuttavia ben presto, la risolutezza di Dingley nel mantenere il proprio proposito gli provoca un’agonia indicibile.
Il giorno del suo matrimonio l’uomo riceve in regalo sigari, tabacco, pipe, giacche da camera e tutto serva e faccia piacere a un raffinato degustatore di tabacco e addirittura, pochi giorni dopo le nozze, un amico gli regala una meravigliosa pipa, accompagnata da un biglietto, che lui cerca di nascondere alla moglie.

A questo punto, qualcosa si rompe nella psiche di Dingley che comincia a essere nervoso, irritabile, freddo e scostante nei confronti della moglie, la quale si accorge anche di un certo comportamento furtivo che l’uomo assume ogni volta, prima di uscire di casa.
In preda ai dubbi e alle insicurezze, per scoprire cosa affligga suo marito, la donna assolda “Sherlie Homes”, una bizzarra e goffa caricatura del ben più noto detective di Londra. L’investigatore, frugando in casa della coppia in cerca di indizi, trova la bella pipa che Dingley ha nascosto, insieme al biglietto. Homes collega i fili e indovina la causa delle bizzarrie di Dingley e, quando la moglie entra nella stanza, il detective le ordina di seguire alla lettera le sue istruzioni se vuole che il marito torni l’uomo di prima. Homes le prescrive, quando Dingley tornerà a casa, di riempire la sua pipa col di tabacco, di accenderla e di permettergli di avere il privilegio di fumare a casa sua quanto gli pare.
La donna esegue e Dingley torna ad essere se stesso. Ora sua moglie è la donnina più felice della terra.

Fermi tutti e calme tutte, prima di una sonora invettiva nei confronti di quest’opera, etichettandola come maschilista e patriarcale, considerate che va opportunamente inserita nel proprio contesto storico e sociale, contesto che non esiste più, proprio come questa pellicola, quindi, pace, è andata così.
Qual è la bellezza di quest’opera? È che il film è stato girato in un’epoca in cui fumare era non solo socialmente accettato, persino ritenuto non un vizio ma una pratica comune, più dell’igiene personale, e un’occupazione sana (non si conoscevano i pericoli del fumo e, anzi, alcuni medici ritenevano facesse bene ai polmoni).
Visto con gli occhi di una persona del 1912, un film in cui un uomo smette di fumare per far piacere alla sua donna è qualcosa di straordinariamente avanguardistico.

Ma glissiamo per un attimo sul messaggio sulla dipendenza da sostanze, sulla violenza su se stessi per assecondare il partner e sulla necessità di comunicare all’interno della coppia per mantenere il matrimonio in salute e fermiamoci su ‘sto pover’uomo che voleva solo fumare la sua pipa in pace.

Ora, signore mogli che non sopportate l’odore del fumo, mi appello a voi (perché tanto se sa, eh?!). So che non chiedereste loro mai di smettere di fumare la pipa, anche perché non accetterebbero, ma su, guardateli lì fuori, al freddo, con la pipa fra i denti, le mani nelle tasche e il cappello calato. Non vi fanno pena?
Permettete loro di fumare tranquilli sul divano. Non sempre, solo ogni tanto, magari quando non ci siete, via. T
anto, con mezz’ora di finestre aperte poi sparisce tutto e tranquille, non ameremo mai le nostre pipe più di voi.

E a voi pochi, voi fortunati a cui le vostre compagne non fumatrici hanno concesso il lusso di poter fumare tranquilli sul divano, o a cui l’avete estorto, abbracciatele, date loro un bacino, e ringraziatele. Loro non sanno perché, voi sì.